29 novembre 2011

Avatar di James Cameron

Si dice che d’ora in poi nella storia del cinema si parlerà di un "ante-Avatar" e di un "post-Avatar". Di certo quasi tutte le storie possibilmente immaginabili sono state raccontate sul grande schermo (se si parla di linee portanti della narrazione), quindi la definizione di apertura ("post e ante Avatar") può riferirsi ad un solo aspetto: quello tecnico. La tecnologia con cui è stato realizzato "Avatar" è già un punto di partenza di tanti film del presente e lo sarà sempre più per quelli del futuro, così come lo sono stati la trilogia di "Il signore degli anelli" (2001) e "Jurassic Park" (1993). Se vi dicessimo che la novità è il 3d potreste obiettare che è già da tempo che arrivano film su grande schermo arricchiti da questo rinnovato formato. La ragione però è che, nonostante Cameron sia stato con "Avatar" il primo regista a lavorare sul nuovo 3d, mentre realizzava il suo film le scoperte tecniche sono state così frequenti e così qualitativamente alte, che ha preferito rimandarne l’uscita per renderlo visivamente più affascinante di quanto già non fosse. Dalla scrittura della sceneggiatura all’uscita di "Avatar" sono passati tredici anni e nel frattempo molte produzioni hanno utilizzato gli studi fatti dalla troupe di Cameron per realizzare film con meno pretese, ma sempre in 3d. Cameron è un ambizioso, quando vinse undici Oscar per "Titanic" (record sia di statuette che di incassi della storia del cinema) disse "Sono il re del mondo". Presuntuoso? Senza dubbio. Ma ben vengano i presuntuosi quando spingono più in là i limiti dell’arte. Cameron è stato uno dei primi registi, assieme a Peter Jackson e Robert Zemeckis, a lavorare sulla "performance capture" (la tecnica che cattura, attraverso dei sensori, le espressioni del viso di un attore e le riporta su di un personaggio virtuale, come Gollum o le figure di "Polar express" ad esempio) e il risultato è che oggi come oggi non ci sono più limiti ai movimenti della macchina da presa o alle azioni di un attore. Tutto è possibile, ogni scenografia è ricreabile e la si può indagare in lungo e in largo. Certo, servono i soldi, ma per Hollywood questo non è un problema, anche perché il lavoro da apripista fatto da Cameron abbasserà i costi futuri di chi vorrà investire in queste tecnologie.

Avatar nasce da queste premesse e non solo. Così come lo spettatore è invitato a indossare gli occhialetti ed entrare in un nuovo tipo di cinema, così la storia raccontata ha al suo centro il viaggio di un uomo dentro un nuovo mondo d’immagini e colori. Il marine dell’esercito che comanda a distanza un "Avatar", ovvero un umanoide tale e quale alle figure che abitano il pianeta di Pandora, compie un analogo percorso a quello dello spettatore con le lenti davanti gli occhi. Insomma, Cameron non si limita a utilizzare la tecnologia, ma la racconta. Il bello è che allo stesso tempo la trama da lui narrata è più che mai vicina al mito del buon selvaggio: il progresso portato dagli umani è identificato con il male. I buoni sono invece i neo-indiani Na’-vi, creature in pace con quella natura da cui traggono forza e benessere. Spettacolo, dramma, avventura, patriottismo, fantascienza e fantasy: dentro "Avatar" c’è un po’ di tutto, persino un finale alla Shrek. Forse la lunghezza è eccessiva per un racconto che scopre ben presto le proprie carte, ma la capacità di Cameron di immaginare e ricreare non solo un intero mondo e le sue creature, merita qualche minuto in più anche di semplice osservazione. Ne paga l’aspetto emozionale della pellicola: si entra in Pandora, ma non nei suoi personaggi, almeno non fino in fondo. Non si può però pretendere tutto: per fortuna il cinema ha ancora margini per migliorare sé stesso e non è detto che debbano essere per forza in 3d.



La frase: "Io ti vedo".




Andrea D'Addio




pubblicata qui: http://filmup.leonardo.it/avatar.htm

25 dicembre 2009

31 luglio 2009

Saiyuki

In un epoca in cui il caos regnava nel mondo, esisteva una terra in cui si era creata una coesistenza pacifica tra uomini e demoni, la culla di ogni civiltà e fede: il Tōgenkyō.
Questa stabilità, tuttavia, si è improvvisamente interrotta: gli esperimenti proibiti per la resurrezione del grande yōkai1 Gyūmaō, che era stato sigillato con le fiamme 500 anni prima, hanno creato delle onde negative, un incidente che ha fatto sì che gli yōkai di tutta la zona perdessero la loro coscienza.
Quattro giovani uomini vengono scelti dagli Dei per viaggiare verso Ovest, scoprire l'origine di questo disastro e fermare gli esperimenti per far rivivere Gyūmaō, per la Salvezza e per la Pace nel mondo.

(...delle quali se ne infischiano altamente...)
wantedGenjyō Sanzō: trovato in un fiume da Kōmyō Sanzō, viene cresciuto dal monaco fino al giorno della morte dello stesso, causata dai demoni durante un attacco al tempio. L'allora giovane Kōryū gli succede nel ruolo di Sanzō Hoshi. Arrogante, sboccato, permaloso, fumatore incallito, segue solo la sua strada e le sue idee. La carica buddista più alta, per un uomo che è l'antitesi del monaco.
Son Gokū: un essere eretico nato dalla Terra stessa che in un tempo molto lontano portò scompiglio nel regno degli Dei, venendo rinchiuso per 500 anni su una montagna senza bere nè mangiare nè invecchiare. Non ricorda nulla di quegli avvenimenti, è Sanzō a trovarlo e portarlo con sè.
Sha Gojyō: nato da una relazione extraconiugale di suo padre, un demone, con un'umana e cresciuto ma odiato dalla moglie di suo padre, ha nei suoi occhi e capelli rossi la testimonianza delle sue origini. Fuma come una ciminiera, gioca d'azzardo ed è un gran donnaiolo.
Cho Hakkai: divenuto un demone dopo averne uccisi mille per cercare di salvare la sua amata (senza riuscirci), è la componente "posata" del gruppo. Gentile, educato (chiede scusa ai demoni prima di polverizzarli..) e premuroso, si occupa dei compagni in svariati modi: prepara da mangiare, pulisce, placa i loro litigi...

Sono questi i quattro anti-eroi protagonisti di Saiyuki (=viaggio verso ovest), un manga di Kazuya Minekura: un bonzo armato di revolver con proiettili anti-demone, un demone scimmia con un dispositivo che sigilla gli spaventosi poteri della sua vera forma, il Seiten Taisei ("Grande Saggio Pari del Cielo"), un mezzo sangue sempre pronto a menare le mani, un massacratore di demoni dal sorriso gentile, anch'esso con poteri sigillati (ma di sua spontanea volontà).
Questi ceffi incontrano durante il loro viaggio frotte di nemici: umani, yōkai, addiritturà divinità.
Ci sono tutti gli ingredienti necessari per un pirotecnico manga d'azione, con combattimenti che si susseguono uno dietro l'altro... e invece no. O meglio, anche.
Saiyuki è molto di più. Anzi, direi che è proprio qualcos'altro. Perchè Saiyuki è uno shōnen manga2 che contiene tutto quello che ho citato sopra, con la particolarità che tutto ciò è contorno. Quanto dettovi finora sui personaggi è apparenza, è primo impatto, è superficie. I veri protagonisti sono questi:

PaccatiSanzō
"Quello fu il suo ultimo sorriso, quelle le sue ultime parole infine il suo ultimo desiderio. Kōmyō Sanzō: il mio maestro, mio padre, l'unico Sanzō Hoshi che io abbia mai riconosciuto come tale. Sanzō... l'aver preso lo stesso nome di quella persona è un continuo rimprovero alla mia debolezza"
"Non morirò mai per salvare qualcun altro, perchè conosco la sofferenza di chi rimane in vita. Vivere per me stesso. Morire per me stesso. Questo è il mio orgoglio."


Gokū
"Mentre ero rinchiuso nella prigione della montagna vedevo solo il cielo; stavo a guardarlo, anno dopo anno... Chi mi tese la sua mano per aiutarmi fu proprio quella luce dorata... la luce del sole che avevo sempre ammirato per tutto quel tempo..."

Gojyō
"Non sopporto vedere le donne che piangono. Mi ricordano mia madre, che piangeva ogni volta che mi guardava."

Hakkai
"Vivere col rimorso di non essere riuscito a salvare la persona che ami... anche se mi ha sorriso io non sono mai riuscito a perdonare me stesso"

Persone in balia delle loro sofferenze passate, persone le cui tristi esperienze hanno scavato e continuano a scavare voragini nei loro animi, persone schiacciate dal dolore, persone divorate dai sensi di colpa o dalla solitudine. Un gruppo in cui le cicatrici del passato sono il filo che ora li lega.

Ecco quindi che i combattimenti, i nemici, diventano una cornice. Il fulcro di quest'opera sono i protagonisti. Sembra un'affermazione banale, una cosa normale, ma non lo è affatto nell'ambito degli shōnen manga: generalmente in questo tipo di manga il fulcro è rappresentato sì dai protagonisti, ma all'interno degli scontri che via via si succedono; il fulcro sono gli scontri stessi, e il comportamento del protagonista all'interno di essi.
Così ci ricordiamo di Naruto contro Neji3 e dei loro grandi discorsi sulla libertà tra un jutsu4 e l'altro, di Ichigo contro Byakuya5 e delle tante parole sul seguire le regole o meno tra uno Shunpo ed un Bankai6, e di Sanzō contro... ci ricordiamo di Sanzō e basta. Di Sanzō e del suo modo di pensare, di vivere.
Perchè? Beh, è un fatto di impostazione.
I manga d'azione (dove azione = combattimento o comunque sfida di qualche genere) hanno un'impostazione alla "sconfitto l'avversario ne arriva uno più forte" e affiancano a questo la crescita di abilità del protagonista: il protagonista diventa più forte. In Saiyuki invece l'arrivo di un nuovo avversario (spesso anche lui afflitto da gravi mali interiori) tende a mettere alla prova la psiche dei protagonisti più che le abilità fisiche, solitamente c'è un amplificarsi delle loro sofferenze o l'affioramento di ulteriori fantasmi del passato, e sono questi i veri avversari.
Lo scontro è accompagnato da un'analisi da parte del protagonista di se stesso, e al posto della crescita fisica e tecnica si ha la comprensione dello stesso protagonista di una parte di sè o il superamento di un blocco emotivo. Il protagonista non esce più forte dallo scontro, ne esce fortificato.
Gli avversari principali di Sanzō, Hakkai, Gojyō e Gokū sono loro stessi, è per questo che in mente ci restano le loro afflizioni più che i loro combattimenti.
Conseguenza di tutto ciò è che non mi vengono in mente scontri specifici pensando a Saiyuki, mi viene invece subito in mente che Sanzō è di pessimo umore nei giorni di pioggia, mi viene in mente l'attaccamento viscerale di Gokū per Sanzō, mi viene in mente che per Gojyō i suoi occhi e capelli sono del colore del sangue...

Saiyuki ha avuto ed ha tutt'ora un successo enorme, che però può far sorgere una domanda: come fa una mangaka donna ad attirare coi suoi shōnen manga il pubblico maschile? Alla comunque presente componente di azione, infatti, spesso si aggiunge una forte introspezione dei personaggi e una grande attenzione ai sentimenti, anche se raramente sono d'amore tout court: spesso infatti è l'amicizia o l'affetto parentale a farla da padrone (nonostante Saiyuki sembri a volte spingersi verso lo shōnen ai7)... Si arriva poi a livelli di emozione (in certi casi paranoia) dove il dolore scava dentro ai personaggi delle voragini che lo spettatore/lettore, se ha il coraggio di farsi coinvolgere, sente sue. Anche solo uno sguardo dal basso che Gokū rivolge a Sanzō è capace di far perdere un paio di battiti cardiaci.
Ma allora, di nuovo: perchè si parla di shōnen? Perchè piace ai maschi?
La risposta va cercata nel fatto che, appunto, le componenti tipiche degli shōnen manga sono presenti: iI personaggi sono dei gran fighi, sono fortissimi, durante gli scontri sono arroganti, guardano i nemici sempre e comunque dall'alto in basso, usano tecniche spettacolari, dalla manipolazione del ki8 a formule magiche con i Sutra9, i loro nemici sono Kōgaiji, un principe demone che evoca le fiamme degli inferi, oppure Homura, il dio della guerra armato di una lunga spada infuocata. Cose da Shōnen duro e puro, figaggini cazzutissime! Con il risultato che Saiyuki si può guardare anche solo così. Nella mia esperienza personale ho incontrato gente che mi ha detto di ricordare ogni singolo combattimento, persone che interpellate su Saiyuki mi hanno detto "il fatto che i nemici si riducano in polvere è proprio brutto, i combattimenti sono fatti male".
Ripeto, Saiyuki si può guardare anche così, ma se ne perde la vera essenza. Quasi preferisco quando mi è stato detto "Saiyuki mi fa schifo, i personaggi sembrano continuamente in procinto di limonarsi": almeno ti sei accorto, anche se nel modo sbagliato, che in Saiyuki c'è qualcosa di diverso.

La prova di quanto da me asserito sta nel fatto che nelle 3 serie animate (2 nel manga) non si arriva alla conclusione del viaggio: la trama, piuttosto che seguire il filone principale (andare a ovest per fermare i cattivoni), progredisce attorno ai personaggi (ai protagonisti ma anche agli antagonisti), attorno alla loro evoluzione.

"La pioggia che incessante continua a cadere laverà via ogni cosa...
Odio, tristezza, rimorso e persino le colpe.
Il rosso non è più il colore del sangue ma quello del sole che sorge,
un sole che solo i vivi potranno vedere
e che li condurrà verso una nuova speranza per il domani"




Intanto questo. Per sconfiggere Gyūmaō c'è sempre tempo.


CENNI SUL ROMANZO

L'opera è ovviamente basata sull'ormai super inflazionato XīyóuJì (Viaggio in Occidente), uno dei quattro grandi classici della letteratura cinese, la scrittura del quale è attribuita a Wu Cheng'en.
In Italia abbiamo visto altri titoli d'animazione che attingono a questo romanzo, ma mentre solitamente ci troviamo di fronte a riferimenti più o meno velati (Dragon Ball) o a pesanti rielaborazioni (Starzinger), Saiyuki è un adattamento in vari punti più "fedele":
- il leader della "ciurma" è effettivamente un bonzo, come il Tripitaka del romanzo;
- i Sutra sono parte fondamentale sia nell'uno che nell'altro (anche se nel romanzo sono l'obiettivo del viaggio, mentre nel manga sono fondamentali per il risveglio del cattivone Gyūmaō, l'impedimento del quale è l'obiettivo del viaggio);
- il "mezzo di trasporto" del gruppo è un drago in entrambi i casi (nel manga si trasforma in Jeep e trasporta tutti, nel romanzo solo il bonzo viaggia in groppa al drago);
- Cho Hakkai e Sha Gojyō nel romanzo sono demoni reincarnati sulla terra per delle colpe che hanno commesso in passato nel regno degli Dei (ossia erano in precedenza delle divinità). Anche nel manga spesso assistiamo a flashback di 500 anni prima, quando i 4 protagonisti abitavano il regno celeste. Al momento non ricordano assolutamente niente di tutto ciò, ma è sicuramente una delle spiegazioni al loro forte legame (esiste anche uno spin-off della serie, Saiyuki Gaiden, non pubblicato in Italia, in cui si narrano i fatti avvenuti in quel tempo);
- molti dei nemici incontrati nel manga sono gli stessi del romanzo, dai gemelli Ginkaku e Kinkaku a Kōgaiji (il figlio di Gyūmaō), a Gyūmaō stesso;
- Kanzeon Bosatsu è la divinità committente del viaggio e segue il gruppo nel loro perigrinare in entrambe le versioni.

Queste similitudini sono solo quelle che io ho scovato leggendo una parte del romanzo, sicuramente ce ne sono molte molte altre.


SAIYUKI IN ITALIA


I diritti di Saiyuki sono stati acquistati in Italia dalla Dynit, la quale ha finora pubblicato la prima serie animata (Gensōmaden Saiyūki) e 2 serie a fumetti (Saiyuki e Saiyuki Reload). Trovate tutto sul loro sito.
L'eccezione è il film d'animazione Saiyuki Requiem, che è distribuito in Italia dall'editore francese Kaze (che in Italia pubblica un sacco di cose ma non ha un sito italiano -_-').
Insomma, in Italia manca un pacco di roba (più di metà della produzione cartacea e d'animazione).




NOTE

1 Yōkai: vedi Dizionario su questo blog alla voce "bakemono".
2 Shōnen manga (shōnen = 少年 = ragazzo): sono una categoria di manga ed anime indirizzati a un pubblico maschile, generalmente dall'età scolare alla maggiore età. Gli shōnen si focalizzano principalmente sull'azione e sulle battaglie, dando grande importanza alla forza dei personaggi.
3 Naruto, Neji: personaggi del manga Naruto.
4 Jutsu (術 = tecnica, metodo, incantesimo, abilità o trucco): in Naruto sono le tecniche utilizzate dai ninja.
5 Ichigo, Byakuya: personaggi del manga Bleach.
6 Shunpo, Bankai: tecniche utilizzate in Bleach. Lo Shunpo è una tecnica che permette di spostarsi a velocità elevatissima, il Bankai è il massimo sprigionamento della potenza di una Zanpakuto, le armi, solitamente spade, in possesso degli shinigami (Dei della morte) che non sono semplici oggetti ma esseri viventi.
7 Sh
ōnen Ai (少年愛 = ragazzo + amore): è un genere di anime e manga che include una relazione affettiva omosessuale tra adolescenti o giovani ragazzi, tipicamente molto belli e che rispondono a stereotipi ben definiti (es: quello con gli occhiali, il ragazzino, il bel tenebroso ecc.)
8 Ki (in cinese Qi): è il nome dato all'energia "interna" di ogni essere vivente.
9 Sutra: testi fondamentali dei Canoni buddisti. In Saiyuki, uno dei Sutra é quella sorta di pergamena che Sanzō porta sulle spalle.

15 maggio 2009

Dizionario: B (2) - C

Lo so, lo so.
Ho postato io anche la scorsa volta, ma che volete farci: siamo gente impegnata, e chi ha qualcosa di pronto posta (comunque su autorizzazione delle cape). In ogni caso i due post sono parecchio diversi: nonostante siano giappofili entrambi, uno è una recensione, questo... beh, questo è il dizionario (e non preoccupatevi, sta procedendo anche nelle altre lettere! Ho già tutto l'elenco delle parole che vorrei trattare - elenco che si amplia periodicamente O.O -, devo "solo" lavorarci decentemente)!
Approfitto di queste due righe per ricordarvi che siamo sempre in cerca di validi collaboratori, magari "esperti" di produzione "occidentale", il contatto email è sempre il solito!

Ah, nel caso ve lo foste dimenticati, il dittongo "OU" si pronuncia come una "O" lunga e traslitterato si può trovare anche come "ō" (ma è più facile scrivere "ou", quindi ho usato questo modo).

 
BENTOU = cestino per il pranzo
Indecisa fino all'ultimo se inserire questa voce, alla fine ho optato per dedicarle qualche riga, col proposito in futuro di ampliarne i contenuti (semmai mi passerà per le mani il materiale adatto).
L'usanza di preparare il bentou esiste solo vagamente in Occidente (le gavette di militari e operai, per capirsi...), mentre in Giappone è un elemento importante nei rapporti sociali.
Ha origini antichissime come pranzo al sacco dei cacciatori o dei contadini, ma a noi è arrivato sicuramente nella sua versione "scolastica": se nell'istituto manca la mensa e non si vogliono spendere troppi Yen al bar della scuola, è sempre meglio preparare a casa il bentou, magari da condividere con gli amici o, ancora meglio, da preparare per il proprio innamorato, con tanto di wursterl a forma di polipetto e decorazioni sul riso a creare un cuore.
Spesso capita si sentir parlare non di "bentou" ma di "o-bentou": al termine viene aggiunto il prefisso onorifico "o-", e questo può far intuire l'importanza data a quest'usanza.
Tutto ciò che volete sapere (e molto di più) sul bentou e relativo bentou-box (la scatoletta) su questo sito: non ha senso che io mi dilunghi oltre, quindi.
Esempi
1. La preparazione del bentou è ovunque: avrei voluto postare le immagini di qualche anime, ma non ho trovato esempi che mi piacessero... per ora vi cito alcuni casi veramente noti: i famosi bentou di Akane Tendo, immangiabili (da Ranma), o le valanghe di bentou che prepara Hikaru in Orange Road1...
2. Grazie alla segnalazione del sempre ottimo Deeproad, che credo conosca a memoria ogni variazione di fantasia sul costume tigrato di Lamù, eccovi un tipico esempio di bentou dell'amore: Lan rabbonisce l'insaziabile Rei con un pranzetto veramente oishii ("buono", "squisito", aggettivo da dedicare sempre e solo ai cibi). Esercizio: quante volte ripetono "bentou" nel filmato? E quante di queste hanno il prefisso onorifico? La soluzione nel primo commento al post! (e anche il link allo stesso pezzo in italiano).

BOKU = io
Dopo aver affrontato le problematiche della 2a persone singolare, passiamo brevemente in rassegna alcuni modi per parlare in prima persona.
..."Alcuni modi"? Beh, immagino sia ormai chiaro che i giapponesi hanno tanti di quei sistemi per rendere le gerarchie sociali che per un occidentale è impossibile star dietro a tutti! Proponiamo quindi solo una selezione dei pronomi che più si sentono negli anime, con uno scopo semplice: quando vediamo un anime tradotto in italiano e sentiamo parlare in prima persona, dobbiamo renderci conto che, nella traduzione, è inevitabilmente andato perso qualcosa. Purtroppo, non possiamo farci niente...
Domanda: come si può parlare in prima persona?
Per tutti
- Usando il pronome watashi: sempre corretto, sempre formale, buono per tutto e per tutti (maschi e femmine, adulti e bambini).
- Per chi vuole far finta di vivere tra samurai e daimyou, c'è anche il più "arcaico" watakushi: stesso kanji ma pronuncia leggermente diversa, tanto per dare quel senso di formalità d'altri tempi (negli anime si fa fatica a distinguere i due, dato che il secondo suona un po' come "watakshi")
Per i maschi
- Usando "boku": informale ma non troppo, adatto per parlare con persone che si conoscono e volendo sembrare un bravo ragazzo.
- Usando ore: è molto poco formale (eufemismo) e manifesta un atteggiamento sprezzante e a volte un po' maleducato... tra l'altro nel gergo della Yakuza (la solita mafia giapponese) si tende parlando a sottolineare le R, quindi questo pronome si presta bene all'uso.
Per le femmine
- Usando atashi, cioè il corrispettivo al femminile di "boku". Fa molto carino ed educato.
- Usando "ore", sapendo però che una ragazza che usa questo pronome risulterà maleducata, grezza, o semplicemente un maschiaccio.
- Usando il proprio nome: si tratta di un uso molto infantile ed è adottato dalle ragazzine che vogliono sembrare "kawaii" (= carine; Hello Kitty è l'esempio per antonomasia di "kawaii"). Sperimentiamone l'uso sul nick di una delle boss del blog, Utopia: siccome è tutta gentile e adorabile, in giapponese non direbbe "adesso vado a fare la spesa" (con "watashi" o "atashi"), ma "adesso Uto-chan va a fare la spesa! ^__^"
Insomma, più o meno...
Esempi
1. Educato e gentile, Honey di Host Club non è sempre stato così dolcettoso... nel suo passato aleggia lo spettro di un tentativo di "ingrezzimento", a cominciare col cambio del pronome da usare...
2. Asumu, protagonista del delicato Zettai Shounen2, viene dalla città: in un paesino di montagna i suoi modi di fare, garbati e un po' infantili, vengono subito derisi trasformando il suo uso di boku in un soprannome.




CHARACTER DESIGN (CHARA)
E' quella parte del lavoro che consiste nello studio grafico e nella caratterizzazione, in parte anche psicologica, dei personaggi della storia creati dall'autore (cit. Wikipedia).
Non è da confondersi coi bozzetti preparatori di un personaggio: la fisionomia e i modi di fare del soggetto sono già chiari al character designer, che si occupa di definire "solo" l'aspetto del personaggio e la sua espressività da vari punti di vista o concentrandosi su alcuni dettagli.
Quando in gergo, quindi, si parla di "chara" dei personaggi, ci si riferisce proprio alla loro resa grafica e a come in questa si riconoscono le loro caratteristiche psicologiche.
Nei manga il character designer in genere coincide col mangaka (se questo non è abbastanza famoso da avere un suo studio ben fornito di assistenti o se ci tiene ad avere pieno controllo sui suoi protagonisti), mentre per gli anime esiste una figura professionale autonoma che, come per i curatori dei fondali o per gli esperti di computer grafica, si occupa principalmente del "chara" dei personaggi.
Esempio
Un esempio illustre ci viene dallo splendido illustration book L'arte di Il castello errante di Howl 3, che raccoglie immagini dallo story board, bozzetti, chara, fondali e immagini dal film che ha dato piena fama internazionale al maestro dell'animazione giapponese Hayao Miyazaki.
Sfogliando il libro è possibile mettere a confronto l'evoluzione del protagonista dalla sua nascita alla sua dimensione animata: nello story board di Miyazaki, nei bozzetti preparatori curati dallo staff, nel chara (opera dei supervisori all'animazione Akihiko Yamashita e Takeshi Inamura) e infine nelle immagini direttamente tratte dal film.

CHIBI = nano, bambino
"Chibi" (letto cibi) in giapponese significa nano, bambino. Viene usato con entrambi i significati negli anime e nei manga, da solo o fuso col nome del personaggio, principalmente con due accezioni:
- può venir usato sottolineandone la componente sarcastica e diventando nella traduzione "nanerottolo, bimbetto";
- oppure, con un utilizzo legato alle tecniche di raffigurazione dei personaggi, definisce la versione "bambina" dei protagonisti di un anime o un manga. Con "Ranma-chibi" si intende per esempio il disegno di Ranma da bambino (spesso sono i fan a dedicarsi a quest'opera di "riduzione", con risultati estremamente kawaii).
Esempio
I casi in cui viene usato questo appellativo sono infiniti quanto le serie animate o illustrate, ma uno di questi merita di essere portato all'attenzione del pubblico di ImAl (per la serie, mai ci stuferemo di scoprire come Mediaset abbia ucciso l'animazione giapponese): mai sentito parlare di Chibiusa (per la cronaca, la ragazzina rompi*** che Bunny/Sailor Moon4 si trova tra i piedi)? E se vi dicessi che il suo nome si dovrebbe pronunciare "cibiusa", e che il nome originale di Bunny è Usagi (che vuol dire tra l'altro "coniglio")?
Ai bambini giapponesi deve essere sembrato subito chiaro, sentendo i nomi, quello che ora vado a spiegarvi: Chibiusa è il nome della piccola ("chibi") Usagi (la bambina infatti viene dal futuro ed è la figlia di Bunny/Usagi).
In versione Sailor, poi, l'italiano "Sailor Chibiusa" non ha certamente lo stesso impatto dell'originale "Sailor Chibimoon"... in questo secondo caso infatti si corre su più piani di interpretazione (immediatamente colti dal bambino giapponese, che in questi giochini ci sguazza): Chibimoon può essere letto come abbreviazione di "Sailor Chibiusa-Moon", ma anche come "Sailor Moon da bambina" e "Sailor Moon in versione nanerottola".
Per dovere di cronaca, se nella serie animata l'errore è sotto gli occhi di tutti, negli OAV (arrivati anche in Italia) i nomi originali dei protagonisti sono stati lasciati e la lettura del nome della piccola peste è quindi corretta.

COSPLAY = costume play, cioè recitare in costume
Non c'è proprio molto da aggiungere al lavoro di Doni1983 pubblicato su questo blog.
Mi limito a sottolineare come, in Giappone, la componente "tu SEI il tuo personaggio" sia marcatamente più accentuata che da noi (d'altronde fa parte della loro cultura - proprio cultura! - da molto più tempo che per noi).
Inoltre, se in un anime o un manga uno veste stranamente, la prima cosa che dice chi lo guarda è "cos'è, un cosplay?!" allo stesso modo in cui noi diciamo "ma è carnevale?!" Ciò che differenzia le due espressioni è che dietro al termine "carnevale" noi ci leggiamo solo un'idea di stramberia, mentre dietro a "cosplay" inevitabilmente c'è anche la parola "otaku", con tutto il background che questa si porta dietro.
Esempi
1. Oltre alle numerose citazioni praticamente in ogni anime o manga, esistono prodotti che proprio del cosplay parlano, come l'anime Cosplay complex5 o il manga Cosplay animal6 (dove protagonista è la tipica divisa alla marinara).
2. Otaku fissata col cosplay (e con qualsiasi cosa sia otakuesca) è Renge, di Host Club, che non può esimersi dal fare cosplay neanche in piscina con gli amici: ecco Renge "normale" (il vestito anomalo è la divisa femminile dell'Ouran), Renge "Quon Kisaragi" ( enigmatica protagonista di RahXephon7) e le due "insieme" nella mente della cosplayer. Nei commenti il video della comparsata cosplay e un paio di spiegazioni per i non addetti ai lavori!




NOTE


1 Kimagure Orange Road, di Izumi Matsumoto. Manga edito in Italia dalla Starcomics; anime di 48 episodi trasmesso da varie reti italiane col titolo E' quasi magia Johnny.
2 Zettai Shounen, di Tomomi Machizuki. Anime di 26 episodi recuperabile sottotitolato in italiano.
3 L'arte di Il Castello errante di Howl, di Hayao Miyazaki, Panini Comics, 2006.
4 Bishoujo senshi Sailor Moon, di Naoko Takeuchi. Manga edito in Italia dalla Star Comics, anime e oav trasmessi da varie reti italiane col titolo Sailor Moon.
5 Cosplay Complex, di Shinichiro Kimura. Miniserie da 3 oav recuperabile sottotitolata in italiano.
6 Cosplay Animal, di Sako Watari. Manga edito in Italia dalla Star Comics, tuttora in corso.
7 RahXephon, di Takeaki Momose. Manga di 3 volumi edito in Italia dalla Planet Manga, anime di 26 apisodi (+ un oav + un film) i cui diritti sono stati acquistati all'epoca dalla Shin Vision, fallita nel 2008 dopo aver dato alla luce solo 2 su 9 dvd. Ora il tutto dovrebbe essere passato alla ExaCinema/FoolFrame, che però pare non essere intenzionata a portare avanti il progetto, quantomeno a breve. Risultato? La serie con audio giapponese e sottotitolata dai fansubbers è stata ritirata e quindi è introvabile (sempre che qualche anima pia che conoscete non l'abbia recuperata all'epoca), e per la serie italiana siamo in alto mare...
Per gli altri titoli citati ma non segnalati in questa nota, si fa riferimento alle voci precedenti del dizionario.


Copyright di immagini e video degli aventi diritto; un ringraziamento va anche ai vari gruppi di fansubbers che diffondono in Italia le novità giapponesi.

Argomenti correlati: Dizionario: 1-10, Dizionario: A, Dizionario: B (1)

3 marzo 2009

Slam Dunk: quando è il disegno a fare la differenza (per me)

1991. Weekly Shounen Jump comincia a pubblicare Slam Dunk, il manga del talentuoso Takehiko Inoue per la prima volta alle prese con una storia lunga.
1993. Tv Asahi trasmette il primo di 101 episodi della versione animata del nostro manga.
1997. La Planet Manga adocchia il titolo e lo porta in Italia in volumetti con paginazione dimezzata rispetto ai tankoubon originali, 62 numeri al posto di 31, l'ultimo dei quali uscirà nell'estate del 2000.
2000. In autunno la programmazione dell'Anime Night di Mtv si arrichisce dell'anime Slam Dunk, cavalcando l'onda di un successo inaspettato.

Slam Dunk è famosissimo. Difficile che chi ha a che fare coi manga (anche solo marginalmente) non lo conosca, ma soprattutto impossibile che chi segue Mtv non l'abbia incrociato (o 7Gold e GXT che l'hanno riproposto): l'anime ha riscosso un successo se possibile ancor maggiore del manga, a riprova - semmai servisse - della forza del mezzo televisivo.

ShohokuTrama: una squadra di basket composta unicamente da pazzi scatenati tenta la scalata al torneo nazionale, "capitanata" simbolicamente (anche perchè è l'ultima delle riserve) dal più scatenato di tutti, Hanamichi Sakuragi. Partita dopo partita, non solo Hanamichi scoprirà di poter rendersi utile, ma anche i suoi compagni di squadra inizieranno a credere fermamente nell'impresa, che può riuscire solo con la collaborazione di tutti.
Un po' stringata? Accontentatevi: storia, personaggi e quant'altro li trovate sulla Wikipedia; il mio scopo ora è quello di tentare una "recensione" un po' critica dell'opera, ma soprattutto di paragonare l'edizione cartacea a quella animata, possibilmente spingendo i fruitori della seconda tra le pagine della prima (no, la Planet Manga non mi paga per farlo).


IL MANGA

Ci sono vari fattori che mi fanno amare il manga di Slam Dunk, ma direi che i principali sono:
- è il primo manga che ho letto
- è disegnato da dio.
E i due fattori sono collegati, perchè me l'hanno prestato dopo aver notato che mi piaceva disegnare.
Poi ho amato la storia, i personaggi... potrei dire qualcosa su ognuno di loro (Hisashi Mitsui in testa!) e magari prima o poi lo farò, ma al momento è altro che mi preme maggiormente trattare.

Sto sfogliando il manga, e vedo quant'è ancora acerbo il tratto di Inoue.
Siamo nei primissimi anni '90 e il mangaka fino a quel momento aveva creato solo storie brevi1, quindi certe pecche a Slam Dunk si possono tranquillamente perdonare: ombre scarse o assenti, la definizione delle pieghe degli abiti e delle "sporgenze" del corpo affidata ai soli tratti di penna e per la profondità ci sono i sempiterni retini ("pecche", poi... molti manga si appoggiano unicamente su queste tecniche). Eppure il suo disegno mi ha colpito fin da subito: per la precisione dei dettagli, per la scelta di disegnare realisticamente volti, corpi, movimenti... scelta assolutamente non scontata, anche se si parla di sport: tutti abbiamo presente l'assurdità di certe pose in notissimi prodotti su calcio, pallavolo, tennis (devo fare sul serio dei titoli o vi sono venuti in mente immediatamente, neanche fosse un caso di imprinting?).
Il Dottor T. invece (come si definisce lo stesso Inoue in alcune brevi comparse nella storia) il basket ce lo insegna sul serio: tendendo i muscoli dei suoi personaggi quando saltano, immortalando rivoli di sudore e smorfie di stanchezza, posizionando correttamente le mani sul pallone per un tiro libero (pallone che non si deforma, eh! Occhio che questo non è un dettaglio da poco!).
Inoue comunque non rinuncia certo alle classiche "storipiature" delle fattezze dei personaggi, ma lo fa con uno scopo preciso: essendo un'opera su giovani liceali teppisti e fuori di testa, il maestro fa largo uso del Super Deformed (alcuni esempi nelle immagini poco sotto), tecnica da sempre usata per sottolineare idiozia, ironicità, sottintesi e personalità nascoste. Eppure anche il Super Deformed va via via diminuendo con l'avanzare della storia e la crescita dei personaggi.
E insieme ai suoi ragazzi, anche Inoue cresce. Ce lo dimostra a modo suo, nei disegni: le tavole a colori  degli ultimi numeri (che purtroppo sono in bianco e nero nel manga e si trovano in versione originale solo nell'Illustration Book2, forse in Slam Dunk Deluxe3) offrono un flash sulla maestria del sensei con pennello, pennarello, pastello o china: Inoue adora giocare col chiaroscuro, sempre contrastatissimo, e mischiare le tecniche classiche del manga - china e retini - a strumenti inusuali4.
Vi faccio un paio di esempi, così spezzate la lettura con qualche immagine:

Hanamichi e KaedeKaede Rukawa e Hanamichi Sakuragi esultano dopo l'unico caso di collaborazione volontaria tra i due eterni rivali.
La tavola originale a colori è realizzata a pastello; inevitabilmente se ne perde la forza cromatica nell'edizione del manga, dove il rosso acceso delle divise (e dei capelli di Hanamichi) si perde in un bicromatico chiaroscuro, ma nulla viene comunque tolto alla forza emotiva dell'immagine, riassunto di rabbia, stanchezza, velocità e gioia. Adoro Inoue.

Foto di gruppo Foto di gruppo per tutto il team dello Shohoku, supporters compresi.
L'allegria dell'occasione in cui la foto viene scattata (non vi anticipo nulla, leggete il manga, anche perchè nell'anime questo momento manca) è tutta presente nelle ampie chiazze di colore fortemente chiaroscurate della tavola originale. Purtroppo in bianco e nero l'effetto non è altrettanto d'impatto: i rossi e i blu si fondono inevitabilmente in aree scure e mal definite... La tavola e il momento per il quale è stata realizzata mantengono comunque un fascino particolare e gli amanti del manga non possono non trovare, dietro l'espressione di ogni personaggio, tutte le motivazioni che l'hanno spinto fino a quel punto.

Insomma, siamo agli albori del realismo che in Real5 e Vagabond6 (con tecniche molto diverse) vediamo portato su carta. E sto solo parlando di realizzazione grafica, eh. E di un prodotto - ripeto - acerbo e in molte parti immaturo.
Non mi spingo a parlare della storia o dei protagonisti perchè lo scopo di queste righe è principalmente il paragone con l'anime: l'anime infatti segue la storia abbastanza fedelmente, a parte alcuni inserti per dare un tocco shoujo o alcuni passaggi - francamente inutili - che semplicemente accentuano l'aspetto demenziale dell'opera. Ah, e l'anime non si conclude. Insomma, non avrebbe senso fare un paragone sul lato della narrazione.


L'ANIME

Beh, e allora parliamone, di quello schifo di anime (non ho mezze misure, lo so...).

1 2 3Sempre per spezzare, vi offro un paio di scansioni dal manga (sono pagine consecutive che raccontano un particolare "difetto" di Hanamichi; ricordo che i balloon dei manga si leggono da destra a sinistra e dal basso in alto) che potrete leggere e poi paragonare col video dell'episodio corrispondente.

Fate i vostri debiti paragoni e forse potrete intuire da soli la risposta alla seguente domanda: perchè l'anime è un prodotto pessimo, secondo la sottoscritta?

Ecco le mie risposte:
- Perchè ha un chara obbrobrioso, che niente c'azzecca con l'ottima prova del sensei Inoue: i personaggi risultano sproporzionati e scoordinati, il colore assurdo (il "rosa" degli incarnati è inumano oltre che piatto e bidimensionale) e gli sfondi sono semplificati a delle banalissime immagini standard;
- Perchè si è voluto caricaturare i personaggi nei loro modi di fare, parlare, agire, si nota chiaramente dal paragone manga/filmato. Un esempio a caso per chi conosce la serie: evidentemente gli adattatori hanno pensato che la strafottenza di Kaede Rukawa non venisse sufficientemente resa da Inoue, che sceglie per lui un modo di fare silenzioso e arrogante soprattutto nei confronti di Hanamichi (Inoue gioca tutto su piccoli balloon via di mezzo tra frasi sussurrate e pensieri inespressi: "tanto sbagli", "idiota" etc.); nell'anime parla veramente un po' troppo, e con quel doppiaggio che mi fa accapponare la pelle l'effetto finale è di caricatura eccessiva del suo disprezzo per il protagonista. Già non è un personaggio simpatico, così poi...
- Perchè il doppiaggio italiano, come appena accennato, è vergognoso. E per la scelta delle voci (cavolo, ma Rukawa ha 15 anni! Avete mai sentito un 15'enne parlare come mio nonno?), e per il continuo farsetto cui nessuno dei personaggi pare immune (in pochi minuti di video praticamente solo Akagi non parla in maniera idiota), e per la traduzione (volgare, esagerata, forzata per non so quale motivo: neanche anime ben più pesanti, con protagonista magari la yakuza, arriverebbero a espressioni tanto idiote e/o eccessive);
- Perchè praticamente è la brutta copia del manga, creato per cavalcare l'onda di personaggi amatissimi in patria e all'estero: l'aggiunta di pezzi più shoujo e la mano pesantissima sulla demenzialità sono la prova lampante della ricerca di consenso tra tutte le fasce pubblico. Un prodotto di cui non sentivo il bisogno, sinceramente, e forse anche in Giappone a un certo punto è stato così, dato che l'anime si ferma alla qualificazione per i campionati nazionali mentre il manga va ben oltre (risparmiandoci in effetti il pessimo adattamento delle tavole di cui vi ho offerto le scansioni più sopra).

In conclusione... lo so, lo so: i fan dell'anime di Slam Dunk sono veramente tanti, molti hanno cominciato a leggere il manga dopo aver visto l'anime e ringraziano Mtv per aver permesso loro questa piacevole scoperta... eppure non mi capacito del fervore con cui difendono un prodotto scadente che dalla sua non ha neanche la scusa dell'età (molti anime contemporanei e precedenti Slam Dunk lo doppiano di brutto a qualità).
Sentirmi rispondere "mi piace perchè fa ridere" non mi aiuta certo a capire... il manga è ben più ironico... ma magari c'è chi ride se scrivo "caccapupù caccapupù", eh.
Però sono comunque una persona di larghe vedute, se qualcuno trova modo di ribaltare le mie tesi ben venga. A voi!





NOTE

1 Storie brevi dalle quali tra l'altro pesca alcune idee (usanza per nulla rara tra i mangaka), come il personaggio di Kaede da Kaede Purple (1988), somigliante solo per nome e aspetto al Kaede Rukawa di Slam Dunk.
2 Slam Dunk Illustration Book, edito in Italia dalla Planet Manga.
3 Il successo di Slam Dunk ha spinto la Planet Manga a riproporlo prima in una collection di 31 numeri (come i tankoubon originali) e poi in un'edizione "di lusso": formato più grande, carta più spessa, sovracoperta, prezzo proibitivo, per citare alcune novità. Chissà come mai la Deluxe pare non aver avuto molto successo, tanto che al momento la pubblicazione sembra sospesa e rimandata a data da destinarsi... credo quindi ignoreremo per un pezzo come realizzeranno le tavole prese ad esempio in questo articolo.
4 Solo un accenno al manga Buzzer Beater, realizzato dal mangaka originariamente per il web e poi pubblicato - in un formato anomalo peraltro - su carta. Nel primo numero dell'edizione italiana (by Planet Manga) si legge in seconda di copertina: "[...] Il mio tratto a un certo punto è cambiato (dal 9° capitolo, n.d.Miz.), perchè mi sono slogato l'indice della mano mentre stavo giocando a pallacanestro. Allora ho iniziato a usare il pennarello, potendo così disegnare senza premere troppo. Poi mi sono reso conto che le linee realizzate dopo questo infortunio si vedevano meglio sullo schermo".
5 Real, manga edito in Italia dalla Planet Manga (serie in corso con periodicità biblica).
6 Vagabond, manga edito in Italia dalla Planet Manga (serie in corso).